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...dall’introduzione
Questo libro ha innanzi tutto uno scopo: evitare di
dimenticare le vite di tutte queste persone che altresì
finirebbero nell’oblio e nel dimenticatoio e che sono la
viva testimonianza di quanto, nella storia dell’uomo, la
vita umana sia sempre stata messa in secondo piano rispetto
al profitto di un potente o di un’azienda.
(…) tutte le persone ascoltate, pur avendo lavorato per lo
più nello stesso ambiente, la Fincantieri, hanno una storia
tanto diversa da raccontare. Riguarda la personale maniera
di stare sul posto di lavoro e, ancora, la propria maniera
di vivere il dramma del prepensionamento o la paura di
ammalarsi per la lunga esposizione all’amianto, una vera
spada di Damocle, che nessuno riconosce ufficialmente e
nessuno può togliere.
Maddalena Montin
...dalle testimonianze raccolte nel libro
Pure il clima all’interno del Cantiere era in parte ostile
poiché divulgando e discutendo della questione amianto
venivo accusato di fare del terrorismo psicologico in quanto
intravvedevano il rischio che a lungo andare, lo
Stabilimento, venisse chiuso.
Il mondo del lavoro ha sempre vissuto il dualismo fra
ambiente-salute e lavoro, sicurezza sul lavoro e paura di
perderlo. “Combatto per ottenere ciò che mi aspetta o
subisco per paura?”; “Se avrò quello che mi spetta rimarrò
senza lavoro?”. Questo dilemma in qualche caso ha trovato
una mediazione nel risarcimento salariale: un po’ meno
sicurezza per qualche soldo in più.
Adriano Moro
Il mio lavoro era vita per me. Mi divertivo anche un sacco.
Durante la pausa pranzo giocavamo per scherzare con i nostri
compagni a lanciarci delle spugne imbevute d’acqua, specie
nella stagione estiva, per l’eccessivo calore. Poi abbiamo
saputo che quelle spugne erano in lana di amianto. Facevamo
di tutto con l’amianto, proprio di tutto.
Renzo Gazzetta
Con gli occhi di bambina vedevo la Fincantieri come una
scuola, una grande scuola per tutti perché lì si formavano
uomini, capaci di lottare per i propri diritti e uomini che
sapevano cosa significasse la parola solidarietà Penso di
esser una persona privilegiata perché sapere cosa significa
empatia e solidarietà non è da tutti. Sarò romantica, ma
sono ancora convinta che insieme si possano cambiare le cose
e soprattutto si possano cambiare le coscienze insegnando ai
nostri figli il peso e la ricchezza di queste due parole.
Giorgia Tagliapietra (figlia di Sergio, operaio alla
Fincantieri)
Sicuramente il dato principale è che non si è capito che la
sorveglianza sanitaria, fatta come si deve, potrebbe salvare
la vita a moltissime anime. Noi vorremmo che la questione
partisse dall’aspetto preventivo, per arrivare poi, se
necessario, a quello risarcitorio.
Il mio operato nella sorveglianza sanitaria mi scombussola e
mi distrugge; vedo ogni giorno compagni ammalarsi e morire e
parlo con i loro familiari che mi raccontano il dramma che
stanno vivendo e io vivo al loro fianco l’intera tragedia
dalla a alla z. Nessuno si rende conto della gravità della
situazione. A me basta poter salvare una vita, anche solo
una, e già sento di aver fatto il mio dovere.
Sergio Tagliapietra |
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